13 Febbraio 2023

Gentili Colleghe e Cari Colleghi,
nell’ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli…….

Oggi parliamo di………….

LA PATOLOGIA DERIVANTE DA STRESS INDOTTO DA PRATICHE DI MOBBING E’ INDENNIZZABILE DALL’INAIL

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA 31514 del 25/10/2022

La Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 31514 del 25.10.2022, ha riconosciuto l’indennizzabilità delle patologie connesse a condizioni di lavoro insane per il lavoratore che dimostri il nesso tra condizioni di lavoro (nel caso specifico azioni di mobbing) e i disturbi post-traumatici da stress cronico.

Il caso in questione riguardava la richiesta di indennizzo di una lavoratrice che si era vista negato il riconoscimento all’indennizzo da parte dell’INAIL, che riteneva la patologia della lavoratrice non rientrante nelle previsioni di cui all’art.3 DPR 1124/65, giacché tale copertura opererebbe “per le tecnopatie conseguenti alle lavorazioni indicate nell'art.1 e non per quelle dipese da modalità organizzative del rapporto di lavoro.”.

Ma la stessa Corte d’Appello aveva riconosciuto che la patologia della lavoratrice fosse stata causata dalle procedure di mobbing messe in atto dalla datrice di lavoro, che avevano causato alla lavoratrice un “disturbo post-traumatico da stress cronico con depressione e ansia miste”.

Appurata quindi la correlazione tra patologia e causa, a diversa conclusione circa l’indennizzabilità perviene la Suprema Corte: come infatti già chiarito in altre pronunce, la malattia professionale è indennizzabile ai sensi dell'art.13 D.lgs. n.38/00 anche quando non sia contratta in seguito a specifiche lavorazioni, ma derivi dall'organizzazione del lavoro e dalle sue modalità di esplicazione. Ed a tal proposito, ricorda la Corte, ad esempio, è indennizzabile al lavoratore la malattia professionale dovuta allo stress subito per le eccessive ore di lavoro straordinario chieste dal datore di lavoro (Cass.5066/18), ed in altra occasione è stato riconosciuto l'indennizzo dell'art.13 D.lgs. n.38/00 al lavoratore affetto da patologia psichica dovuta alle vessazioni subite dal proprio datore di lavoro (Cass.8948/20).

Afferma infatti la Suprema Corte che il riconoscimento all’indennizzo è accordato se “la malattia derivi dal fatto oggettivo dell'esecuzione della prestazione in un determinato ambiente di lavoro, seppur non sia specifica conseguenza dalla prestazione lavorativa.

In tal senso, ritiene la Corte, “la tutela assicurativa è da rapportare "al lavoro in sé e per sé considerato e non soltanto a quello reso presso le macchine". Dunque, l'assicurazione è obbligatoria per tutte le malattie, anche diverse da quelle comprese nelle tabelle allegate al D.P.R. n.1124/65 e da quelle causate da una lavorazione specifica o da un agente patogeno indicato nelle tabelle, purché si tratti di malattie delle quali sia provata la causa di lavoro (v. Cass.5066/18, cit.)“.


LEGITTIMO IL TRASFERIMENTO DEL LAVORATORE CHE ASSISTE IL PADRE DISABILE SE DOVUTO A RAGIONI TECNICHE, ORGANIZZATIVE E PRODUTTIVE

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA N. 33429/2022 DELL’11 NOVEMBRE 2022

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 33429 dell’11 novembre 2022, ha stabilito la legittimità del trasferimento del dipendente, nonostante quest'ultimo abbia diritto alla tutela prevista dalla ‘legge 104', qualora l'azienda certifichi che lo spostamento è stato deciso per concrete ragioni tecniche, organizzative e produttive non soddisfacibili in altra maniera.

Nel caso in commento, un lavoratore dipendente che usufruiva della ‘legge 104' per assistere con continuità il padre disabile, veniva trasferito a sorpresa dall'azienda e spostato nella sede distante 25 chilometri dalla città dove si trova anche il genitore. Il lavoratore, per il quale il trasferimento era assolutamente illegittimo, proponeva domanda per il riconoscimento dell’illegittimità del provvedimento, attesa la sua necessità di rimanere nella vecchia sede per poter continuare a fornire assistenza al padre disabile.

I giudici di merito, sia in primo grado che in Appello, osservavano che era stata provata l'effettività delle esigenze tecniche, organizzative e produttive del trasferimento, insuscettibili di essere soddisfatte in modo diverso e, pertanto il trasferimento era legittimo. I giudici, inoltre, ricordavano anche il precedente rifiuto del lavoratore a fronte dell'offerta di una posizione con mansioni alternative nella vecchia sede.

Avverso questa sentenza il lavoratore proponeva ricorso in Cassazione. Gli Ermellini, tuttavia, confermavano la legittimità del trasferimento deciso dall'azienda. In premessa, i magistrati osservavano che la questione era se, come prospettato dalla difesa del lavoratore, l'onere di ricollocazione, in materia di trasferimento di dipendente che assista con continuità un congiunto disabile, debba operare allo stesso modo che nella valutazione della legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, con connessa questione concreta dell'onere della prova del rifiuto, da parte del lavoratore, di mansioni diverse, anche inferiori. Il ricorrente propugnava la piena sovrapposizione tra il c.d. obbligo di repéchage ed i limiti al trasferimento del lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente alla luce della ‘legge 104. Per i Giudici di Cassazione la tesi difensiva non era condivisibile nel suo automatismo, perché trasferimento e licenziamento del lavoratore rimangono ontologicamente fenomeni diversi, per natura e per portata. I giudici ribadivano che “quanto al diritto di scelta della sede di lavoro, la ‘legge n. 104' non configura, in generale, un diritto assoluto e illimitato, poiché esso può essere fatto valere allorquando il suo esercizio non finisca per ledere in maniera consistente le esigenze economiche, produttive ed organizzative del datore di lavoro”. L'interesse della persona disabile, dunque, ponendosi come limite esterno del potere datoriale di trasferimento del lavoratore, prevale sulle ordinarie esigenze produttive e organizzative del datore di lavoro ma non esclude che il medesimo interesse, pure prevalente rispetto alle predette esigenze, debba conciliarsi con altri rilevanti interessi, diversi da quelli sottesi alla ordinaria mobilità, che possono entrare in gioco nello svolgimento del rapporto di lavoro, così come avviene in altre ipotesi di divieto di trasferimento previste dall'ordinamento per le quali la considerazione dei principi costituzionali coinvolti può determinare, concretamente, un limite alla prescrizione di inamovibilità del lavoratore. I Giudici precisavano, inoltre, che in questo quadro si inseriscono situazioni di fatto, che si distinguono dalle ordinarie esigenze di assetto organizzativo, quali la soppressione del posto, per il fatto che il mutamento della sede corrisponde alla necessità obiettiva, da accertare rigorosamente, di conservare al lavoratore il posto di lavoro, ove risulti l'impossibilità della prosecuzione del rapporto nella precedente sede”, precisando che la particolarità delle esigenze sottese a tali situazioni, riconducibili a valori di rilievo costituzionale ed allo stesso mantenimento dell'assistenza alle persone handicappate, determina la inapplicabilità, in caso di soppressione del posto (o di incompatibilità ambientale), della tutela prevista dalla ‘legge 104', che riguarda invece le ipotesi di mobilità dei lavoratori per ordinarie ragioni tecnico-produttive. In sostanza, l'applicazione della ‘legge 104' postula, di volta in volta, un bilanciamento di interessi, bilanciamento necessario, per vero, in via generale, per tutti i trasferimenti, anche tenendo presente che, Codice Civile alla mano, il lavoratore non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.


IL PRESUPPOSTO DEL MOBBING LAVORATIVO È NELL’INTENTO PERSECUTORIO.

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA N. 35235 DEL 30 NOVEMBRE 2022

La Corte di Cassazione, ordinanza n° 35235 del 30 novembre 2022, ha ribadito il principio secondo cui l'elemento qualificante il mobbing lavorativo non va ricercato nella legittimità o illegittimità dei singoli atti, bensì nell'intento persecutorio che li unifica.

La controversia deriva dalla domanda di risarcimento danni per mobbing sollevata da un dirigente della P.A. in ragione di continui atti dannosi e vessatori subiti come l’attribuzione di incarichi inferiori e dinieghi di ferie. La Corte d’Appello, in conferma della pronuncia di primo grado, aveva escluso la lesività delle condotte e l’intento persecutorio per mancata dimostrazione della mala fede e scorrettezza del Sindaco, mosso -nelle sue decisioni- plausibilmente da situazioni contingenti che ne giustificavano l’adozione.

La Corte di Cassazione rileva preliminarmente che, ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo, devono ricorrere quattro condizioni: una serie di comportamenti persecutori illeciti -o anche leciti se considerati singolarmente- con intento vessatorio, l’evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente, il nesso tra condotte e pregiudizio subito dalla vittima e, infine, l’elemento soggettivo, vale a dire l’intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi.

Ciò posto, qualora il giudice di merito non ravvisasse l’unicità finalistica sottesa alle diverse condotte che mirano allo svilimento della condizione psico-fisica o della dignità del lavoratore, non è escluso che l’accertamento possa spostarsi – d’ufficio – sull’esame delle singole condotte che, comunque, potrebbero violare i diritti del lavoratore costituzionalmente tutelati. Difatti, dagli elementi dedotti del caso concreto potrebbe ravvisarsi l’esistenza di un più tenue danno per caratteristiche, gravità e frustrazione personale/professionale del lavoratore.


E’LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL DIPENDENTE CHE UTILIZZA I MATERIALI AZIENDALI PER PROPRI INTERESSI DURANTE L’ORARIO DI LAVORO

CORTE DI CASSAZIONE – SEZIONE LAVORO – ORDINANZA N. 35399 DEL 1° DICEMBRE 2022

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.35399 del 1° dicembre 2022, ha statuito che è pienamente legittimo il licenziamento disciplinare del lavoratore che abbia utilizzato, durante l'orario di lavoro, materiali aziendali al fine di costruire oggetti per uso proprio.

Il caso di specie, è relativo al licenziamento per giusta causa che una società aveva comminato ad un proprio dipendente, successivamente confermato dai Giudici di Merito, in quanto il materiale istruttorio raccolto confermava l'addebito disciplinare alla base della sanzione espulsiva, consistito nell'utilizzazione, esclusivamente per uso proprio, di materiali della società datrice al fine di realizzare oggetti durante l'orario di lavoro, ancorché l'entità economica del bene e quella del danno arrecato all'impresa erano irrilevanti.

Con l’ordinanza de qua, i Giudici di piazza Cavour, hanno bocciato le doglianze del lavoratore in quanto, non costituiscono fatti, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, c.1 n. 5 C.p.c., le argomentazioni o deduzioni difensive, gli elementi istruttori o il vario insieme dei materiali di causa.

In nuce, per la S.C., il lavoratore è venuto meno al proprio dovere fondamentale di tenere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative, e pertanto innanzi ad una condotta così riprovevole, nessun valore possono avere le argomentazioni del lavoratore circa l’irrisorio valore economico del materiale sottratto e il minimo danno patrimoniale arrecato all’azienda.


LEGITTIMO L’USO DELL’E MAIL AZIENDALE PER LE COMUNICAZIONI DI NATURA SINDACALE

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 35643 DEL 6 DICEMBRE 2022

La Corte di Cassazione, sentenza n. 35643 del 6 dicembre 2022, afferma che le comunicazioni di natura sindacale effettuate con posta elettronica aziendale sono legittime, purché non arrechino pregiudizio allo svolgimento dell’attività aziendale.

Nel caso de quo, un’organizzazione sindacale ricorre in Tribunale contro la condotta antisindacale tenuta dal datore di lavoro per aver sanzionato dal punto di vista disciplinare la condotta tenuta dalla RSU, per l’invio di comunicazioni sindacali, attraverso posta elettronica aziendale durante l’orario di lavoro.

Sia il Tribunale, che la Corte d’Appello avevano dichiarato l’antisindacalità della condotta del datore di lavoro, che ricorreva quindi in Cassazione per violazione dell’art. 26 dello Statuto dei Lavoratori.

La Suprema Corte, confermando la decisione dei Giudici di merito, afferma che l’art. 26 della Legge n. 300/1970 riconosce il diritto a svolgere opera di proselitismo all’interno dei luoghi di lavoro, purché la stessa non arrechi pregiudizio alla normale attività aziendale.

Orbene, la distribuzione di comunicati di contenuto sindacale all'interno dei luoghi di lavoro è assimilabile, secondo i principi espressi in precedenti pronunce, all'attività di proselitismo ed incontra il limite posto dall’art. 26. La stessa dovrebbe essere svolta, pertanto, da personale in regolare permesso e con modalità e cautele che tengano conto, non solo delle caratteristiche organizzative dell'impresa, ma anche del tipo di lavoro cui siano addetti i destinatari delle comunicazioni sindacali, in modo da non recare pregiudizio all’ordinario svolgimento della vita aziendale sotto il normale profilo funzionale e produttivo.

Questo consolidato principio giurisprudenziale trova conferma anche nel caso del cosiddetto volantinaggio elettronico, giacché, in virtù dell’evoluzione tecnologica deve ritenersi che lo strumento della posta elettronica rappresenti uno spazio deputato anche alle comunicazioni sindacali relative alla comunità aziendale. Rispetto al contesto di riferimento, risulta evidente infatti che, in assenza di canali dedicati alle sole comunicazioni sindacali, l'utilizzo della posta aziendale anche per comunicazioni di questo tipo risulta consentito, purché non arrechi pregiudizio all’azienda.

Ad maiora

 IL PRESIDENTE
EDMONDO DURACCIO

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata.

Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!!

 

A cura della Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Edmondo Duraccio, Giusi Acampora, Francesco Capaccio, Pietro di Nono, Fabio Triunfo, Luigi Carbonelli, Rosario D’Aponte e Michela Sequino.

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Modificato: 13 Febbraio 2023