2 Agosto 2023

L'INTEGRAZIONE SALARIALE DA PARTE DELL'INPS AL LAVORATORE NON RAPPRESENTA UN ''CONTRIBUTO IN CONTO ESERCIZIO'' DELL'IMPRESA INTESO IN SENSO TECNICO COME ''RISTORO'' DI COSTI SOSTENUTI

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISPOSTA INTERPELLO N°366 DEL 4 LUGLIO 2023

 

L'Agenzia delle Entrate con la risposta ad Interpello n°366 del 4 luglio 2023, ha chiarito l’esclusione dal regime di detassazione, per effetto dell’emergenza epidemiologica, delle somme che non costituiscono contributi in conto esercizio per l’impresa.

Con il quesito posto, una società ha rappresento di aver fruito, nel corso degli anni d'imposta 2021 e 2022, delle misure di aiuto per il sostegno alla liquidità delle imprese e per il sostegno del lavoro, finalizzate al contrasto degli effetti negativi della pandemia COVID-19; in particolare in relazione all’accesso ad un finanziamento bancario con garanzia dello Stato a titolo oneroso rilasciata da SACE S.p.A. con finalità di liquidità e alla fruizione della Cassa Integrazione Guadagni in Deroga (CIGD).

Dal punto di vista contabile, la società istante ha fatto presente di aver rilevato a conto economico entrambi gli aiuti fruiti sotto forma di ''minor costo'', senza indicare tra i ricavi un corrispondente contributo in conto esercizio. In alternativa come precisato nell'interpello – ''avrebbe potuto rilevare in contabilità l'intero importo del costo sostenuto, al lordo dell'aiuto, a fronte di un contributo, in conto esercizio da indicare tra i ricavi''; la società ha pertanto formulato il quesito per conoscere l’esatta modalità di esposizione.

I tecnici dell’Agenzia delle Entrate, dopo aver chiarito che in generale, tutti i contributi e i sussidi concorrono comunque alla formazione del reddito imponibile IRPEF/IRES e del valore della produzione ai fini IRAP, tranne quelli per i quali la disciplina istitutiva abbia previsto esplicitamente la ''non imponibilità'' ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP.

Sul punto, l’art. 10 bis del DL n°137/2020, convertito in Legge 176/2020 ha previsto, in riferimento ai ''contributi'' e alle ''indennità'' di qualsiasi natura, erogati in via eccezionale a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID 19, un regime generalizzato di irrilevanza fiscale ai fini delle citate imposte, in favore di tutti i soggetti esercenti impresa, arte o professione, nonché dei lavoratori autonomi.

Il legislatore ha inteso riconoscere ai contributi di ''qualsiasi natura'' erogati, in via eccezionale, a seguito dell'emergenza epidemiologica COVID-19, ''da chiunque'' e ''indipendentemente dalle modalità di fruizione'', la non concorrenza alla formazione del reddito imponibile e del valore della produzione, in considerazione della finalità dell'aiuto economico di contrastare gli effetti negativi conseguenti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Nel rispetto dello spirito della norma, deve trattarsi in ogni caso di sostegni economici strettamente connessi all'emergenza pandemica e, come richiesto espressamente dal citato articolo 10-bis, “diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza”.

La Cassa integrazione, secondo l'istante, rappresenterebbe un aiuto, oltre che per i dipendenti, anche per le imprese, idoneo a soddisfare i requisiti del citato articolo 10-bis, determinando la possibilità di operare una variazione in diminuzione pari alla differenza tra il ''teorico'' costo del lavoro (costo per le retribuzioni che, sulla base dei contratti, le imprese avrebbero dovuto sostenere in assenza dei provvedimenti emergenziali) e la quota rimasta effettivamente a carico delle imprese.

La medesima impostazione, secondo la ricostruzione dell'interpellante, vale anche per la concessione della garanzia dello Stato in riferimento al finanziamento richiesto dalla società.

Non dello stesso avviso i tecnici dell’Amministrazione Finanziaria che hanno chiarito che costituisce presupposto imprescindibile, ai fini dell'applicazione del regime di detassazione, la circostanza che al soggetto destinatario sia assegnato un beneficio che comporti un ''vantaggio economico'' effettivo e quantificabile – che la norma indica in maniera generica come ''contributo'' o ''indennità'' – che consiste, in sostanza, in una integrazione di ricavi oppure in una partecipazione (totale o parziale) al sostenimento di determinati costi purché rimasti ''a carico'' dal soggetto beneficiario.

Applicando questo principio al caso di specie, risulta invece che l'accesso alla Cassa integrazione – che pone, in tutto o in parte, a carico dell'INPS la retribuzione del lavoratore a fronte della contrazione, in misura corrispondente, della prestazione lavorativa di quest'ultimo – incide sulla genesi stessa del ''debito'' per retribuzioni dovute dal datore di lavoro, traducendosi nel venir meno di un costo di quest'ultimo per tutta la durata della misura.

Di conseguenza, l'integrazione salariale da parte dell'INPS al lavoratore non rappresenta un ''contributo in conto esercizio'' dell'impresa inteso in senso tecnico come ''ristoro'' di costi sostenuti.

Il Presidente
Fabio Triunfo

 

(*) Rubrica riservata agli iscritti nell’Albo dei Consulenti del Lavoro della Provincia di Napoli. E’ fatto, pertanto, divieto di riproduzione anche parziale. Diritti legalmente riservati agli Autori

 

FT/PDN

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Modificato: 25 Settembre 2023