15 Maggio 2017
Gentili Colleghe e Cari Colleghi,
nell’ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli…….
Oggi parliamo di………….
ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL DIPENDENTE CHE SOTTRAE BENI AZIENDALI DI MODESTO VALORE.
CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 10436 DEL 27 APRILE 2017.
La Corte di Cassazione, sentenza n° 10436 del 27 aprile 2017, ha statuito che è da ritenersi sproporzionato, e conseguentemente illegittimo, il licenziamento disciplinare intimato al dipendente che sottrae beni aziendali di modestissimo valore.
Nel caso de quo, un dipendente, a seguito di un controllo all’uscita dall’azienda, veniva “pizzicato” con cinque paia di guanti nuovi, sottratti all’interno del reparto produttivo nel quale era adibito, nel proprio zainetto. A seguito di tale sottrazione, il datore di lavoro, all’esito del procedimento disciplinare, irrogava il licenziamento per giusta causa.
Il dipendente adiva la Magistratura. Il datore di lavoro, soccombente, in Appello, dopo il soddisfo di I° grado, ricorreva in Cassazione.
Orbene, gli Ermellini, nel dichiarare inammissibile il ricorso in quanto il decisum di merito era ampiamente e logicamente motivato, hanno comunque evidenziato che, al fine di ritenere legittimo il provvedimento espulsivo è necessario accertare l’intento predatorio da parte del dipendente, reo di aver sottratto beni aziendali di modestissimo valore.
Pertanto, atteso che nel caso de quo il datore di lavoro non aveva dato dimostrazione dell’intento predatorio, e che i Giudici di prime cure non palesavano vizi di motivazione, i Giudici dell'Organo di nomofilachia hanno rigettato il ricorso per inammissibilità dello stesso.
IL CONTRIBUTO AGGIUNTIVO CIG E’ DOVUTO DALLE AZIENDE INDUSTRIALI DELL’EDILIZIA ED AFFINI SOGGETTE ALLE INTEMPERIE STAGIONALI.
CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 10326 DEL 26 APRILE 2017.
La Corte di Cassazione, sentenza n° 10326 del 26 aprile 2017, ha statuito che il contributo “aggiuntivo” CIG è dovuto all’INPS solo dai datori di lavoro che, per cause a loro non imputabili, sono costretti a ridurre o sospendere il lavoro a seguito di intemperie stagionali.
Nel caso de quo, una società esercente attività di posa in opera “a caldo” di pavimenti chiedeva la riclassificazione ai fini previdenziali sostenendo di non essere tenuta al versamento “aggiuntivo” CIG previsto per le imprese edili ed affini. A seguito del diniego manifestato dall’Istituto di previdenza, il datore di lavoro adiva la Magistratura.
Soccombente in entrambi i gradi di merito, l’azienda ricorreva in Cassazione.
Orbene, gli Ermellini, nel ribaltare integralmente il deliberato di prime cure, hanno evidenziato che il contributo aggiuntivo CIG non è dovuto “automaticamente” in base all’inquadramento previdenziale, bensì il suo pagamento è imposto solo in presenza di un determinato rischio protetto ponendosi in un rapporto di specialità rispetto alla normativa relativa all’inquadramento dell’impresa.
Pertanto, atteso che nel caso in disamina la società svolgeva esclusivamente lavori al coperto, i Giudici dell'Organo di nomofilachia hanno rinviato gli atti alla Corte territoriale, in diversa composizione, per un nuovo deliberato in subiecta materia che tenesse conto della sussistenza (o meno) di connessione fra l’attività esercitata dall’azienda ricorrente e le imprese edili “in senso stretto”.
LA PRESENZA DI NUMEROSI PASSAGGI AUTOSTRADALI ASSOCIATA AD UNA MANCANZA DI FATTURAZIONE RENDE LEGITTIMO L’ACCERTAMENTO DEL FISCO AL PROFESSIONISTA
CORTE DI CASSAZIONE – SEZIONE TRIBUTARIA – SENTENZA N. 9825 DEL 19 APRILE 2017.
La Corte di Cassazione – Sezione Tributaria -, sentenza n° 9825 del 19 aprile 2017, ha statuito che è ampiamente legittimo l'accertamento dell'Agenzia delle Entrate per il professionista che in un dato periodo d'imposta non fattura pur dichiarando numerosi passaggi autostradali.
Con la sentenza de qua, i Giudici di piazza Cavour, hanno rigettato in toto le doglianze di un commercialista contro il decisum dei Giudici Territoriali che avevano ritenuto fondato e legittimo l'accertamento dell'Agenzia delle Entrate del maggior reddito ai fini IVA, IRPEF ed IRAP per l'anno 2003.
Nel caso di specie, la S.C. rilevava una grave incongruenza tra l'entità e il numero dei pedaggi autostradali fatturati al commercialista, indice di una significativa attività del professionista, a fronte della mancanza di fatturazione di compensi nello stesso periodo d’imposta, oltre all’assenza di ulteriori spiegazioni del contribuente, idonee a giustificare i numerosi viaggi, tale da indurre "fortemente a presumere la percezione di ricavi ben più consistenti a titolo personale.”
In nuce, i Giudici del Palazzaccio, con un ragionamento logico e coerente, hanno ritenuto che gli elementi "tutti insieme… significativi di una attività professionale intensa e proficua, i cui compensi non sono stati riportati nella dichiarazione dei redditi…", legittimano pienamente l’accertamento posto in essere dall’Agenzia delle Entrate.
L’ATTO DI CESSIONE NON PUO’ ELUDERE LA PREVISIONE DI CUI ALL’ART. 2112 C.C. CON L’EFFETTO CHE L’EVENTUALE PATTO DI PROVA E’ NULLO.
CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 10017 DEL 20 APRILE 2017
La Corte di Cassazione, sentenza n° 10017 del 20 aprile 2017, ha chiarito che in conseguenza ad una cessione di contratto non può essere apposto il patto di prova, ancorché si possa costituire un rapporto di lavoro ex novo, in quanto ritenuto elusivo delle tutele previste dall'art. 2112 del c.c..
Nel caso in commento, la Corte d'Appello di Milano, in conferma del giudice di Busto Arsizio, accoglieva il ricorso di due lavoratrici impiegate presso una società, rispettivamente dal 02/07/1992 e dal 01/06/2000, che in seguito ad una cessione d'azienda venivano assunte dalla società acquirente con patto di prova per poi essere licenziate, rispettivamente il 19 e 29 marzo 2008, per mancato superamento del periodo di prova.
Nell'accordo di cessione era stato previsto che le predette lavoratrici si sarebbero dimesse dalla cedente per essere poi riassunte dalla società cessionaria, venendosi pertanto ad incardinare un rapporto ex novo.
Il Giudice adito, dichiarava illegittimi i licenziamenti e condannava la società al risarcimento previsto dalla Legge 604/66 e s.m.
Nel caso de quo, gli Ermellini, in linea con i Giudici di merito, hanno ritenuto di valutare la vicenda in modo unitario, ritenendo il comportamento tenuto dalle parti facente parte di un chiaro disegno elusivo teso ad evitare la indefettibile disciplina posta a favore dei lavoratori dall'art. 2112 del c.c.
IL DISABILE PUO’ ESSERE LICENZIATO SONO IN SEGUITO ALLA CONFERMA DELL’AGGRAVAMENTO DA PARTE DELLA COMMISSIONE MEDICA
CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 10576 DEL 28 APRILE 2017
La Corte di Cassazione, sentenza n° 10576 del 28 aprile 2017, ha statuito che il licenziamento comminato ad un disabile per aggravamento non può essere accertato dal solo medico competente, ma necessita la conferma da parte della commissione speciale di cui all’art. 10, comma 3, Legge 68/99.
Nel caso in commento, la Corte d'Appello di Palermo, in conferma del Giudice di primo grado, riteneva sufficiente il giudizio espresso dal medico competente, e quindi il relativo licenziamento, considerando irrilevante il giudizio della Commissione Medica.
Gli Ermellini, invece, hanno chiarito che, affinché si possa licenziare un disabile per aggravamento delle condizioni di salute è necessario che il giudizio di inidoneità del medico competente venga confermato dalla Commissione Medica di cui all’art. 10, comma 3, Legge 68/99.
Difatti, il giudizio di idoneità alla mansione espresso dal medico competente, ai sensi del Dlgs 81/20018, non è da solo sufficiente a determinare il recesso, configurandosi la Legge 68/99 quale lex specialis.
Ad maiora
IL PRESIDENTE
EDMONDO DURACCIO
(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata.
Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!!
Ha redatto questo numero la Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Francesco Capaccio, Pasquale Assisi, Giuseppe Cappiello, Pietro Di Nono e Fabio Triunfo.
Ha collaborato alla redazione il Collega Francesco Pierro
Modificato: 15 Maggio 2017