29 Maggio 2023

Gentili Colleghe e Cari Colleghi,
nell’ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli…….

Oggi parliamo di………….

 

LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO SENZA PREAVVISO A SEGUITO DI CALUNNIE E CONDOTTA INGIURIOSA

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA N. 7225/2023 DEL 13 MARZO 2023

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 7225/2023 del 13 marzo 2023, ha confermato la legittimità del licenziamento senza preavviso della lavoratrice che aveva sporto querela nei confronti del Comandante della Polizia Municipale e aveva accusato un altro agente di molestie, ledendo così l’onore altrui e gettando discredito su tutto il Corpo di Polizia.

Nel caso in trattazione una dipendente della Polizia Municipale subiva un procedimento disciplinare, conclusosi con sospensione dal lavoro per sei giorni, per aver diffamato il Comandante del Corpo accusandolo di comportamento irrispettoso e denigrato pesantemente un altro collega, screditando così l’intero Corpo di Polizia. La lavoratrice decideva in seguito di sporgere denuncia nei confronti sia del Comandante che di altri colleghi; il procedimento penale avviato terminava con l’archiviazione. A seguito di detta denuncia il Comune datore di lavoro apriva un nuovo procedimento disciplinare a seguito del quale veniva comminato il licenziamento senza preavviso ai sensi dell’articolo 55 quater lettera e) del Testo Unico del Pubblico Impiego (Dlgs 65/2001).

Il Tribunale ordinario accoglieva l’impugnativa decretando l’illegittimità del licenziamento ritenendo insussistenti i fatti posti a suo fondamento. In sede di reclamo ai sensi dell’art. 1, c. 58 L.92/2012 la Corte d’Appello confermava la legittimità del licenziamento ritenendo che il comportamento della lavoratrice fosse sufficiente ad integrare una giusta causa di licenziamento.

La Suprema Corte, adita dalla lavoratrice, ritenendo sussistenti gli elementi di fatto della fattispecie di cui all’articolo 55 quater lettera e) del decreto legislativo 65/2001, cioè reiterate condotte gravi lesive della dignità personale altrui, atteso che la calunnia nei confronti del comandante e dei colleghi era stata accertata in sede penale, riteneva legittimo il licenziamento senza preavviso. Secondo la Cassazione, infatti, non assumeva rilievo la circostanza che la querela – rivelatasi poi calunniosa – fosse stata fatta al di fuori dell’ambiente di lavoro, mentre risultavano invece significative le conseguenze impattanti che l’atto illecito aveva avuto nell’ambiente lavorativo.

L’APPALTO FINALIZZATO UNICAMENTE ALL’IMPIEGO DI PERSONALE, CON LA FINALITÀ DI ELUSIONE DELLA NORMATIVA IN MATERIA, RAPPRESENTA SOMMINISTRAZIONE FRAUDOLENTA

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 18530 DEL 4 MAGGIO 2023

La Corte di Cassazione, sentenza n. 18530 del 4 maggio 2023, statuisce che rappresenta fattispecie di somministrazione fraudolenta il contratto di appalto finalizzato unicamente alla messa a disposizione di forza – lavoro, per eludere norme inderogabili di legge e del CCNL.

Nel caso esaminato, sia il Tribunale che la Corte d’Appello, condannavano il legale rappresentante di una società, esercente attività di ristorazione, per aver stipulato un contratto di appalto di servizi con il quale veniva in realtà concluso un accordo per la somministrazione di lavoro, in assenza dei requisiti di legge.

Avverso la sentenza dei Giudici di merito, il legale rappresentante proponeva ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte, ritenendo il ricorso infondato, afferma che il contratto di appalto concretizzatosi in una mera messa a disposizione di energie lavorative di dipendenti formalmente assunti dall’appaltatore, al quale restano legati per i soli aspetti burocratici del rapporto di lavoro, rappresenta una fattispecie di somministrazione fraudolenta ex art. 38-bis del D. Lgs. n. 81/2015. Infatti, l’appaltatore che fornisca, (come nel caso in oggetto), la solo forza-lavoro, gestita direttamente dall’appaltante in base alle sue esigenze organizzative, e che non assuma su di sé alcun rischio economico, relativo all’esecuzione del servizio, realizza una lesione dei diritti dei lavoratori, con particolare riferimento all’inquadramento contrattuale ed al pagamento delle spettanze economiche, comprese quelle di fine rapporto, che poste in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o del contratto collettivo applicato al lavoratore, rientrano nella fattispecie contenuta nell’art. 38-bis del D. Lgs. n. 81/2015, relativo alla somministrazione fraudolenta.

PER IL REPECHAGE VANNO CONSIDERATE ANCHE LE POSIZIONI CHE SI LIBERERANNO POCO DOPO IL LICENZIAMENTO

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 12132 DELL’8 MAGGIO 2023

La Corte di Cassazione, sentenza n° 12132 dell’8 maggio 2023, ha affermato che il datore, nell’assolvimento dell’obbligo di repechage, deve prendere in esame anche quelle posizioni lavorative che, pur ancora occupate al momento del licenziamento, si renderanno disponibili in un arco temporale del tutto prossimo al recesso.

La decisione in argomento riguarda l’impugnazione giudiziale del licenziamento per giustificato motivo oggettivo irrogato ad una dipendente: la società adduceva, a fondamento del recesso, le continue perdite di fatturato che la avrebbero obbligata a procedere per una complessiva riduzione del personale. La Corte d’Appello, in accoglimento della domanda, riteneva non assolto l’obbligo di repechage, per non avere la società tenuto in considerazione che, contestualmente all’impugnato recesso, due altri dipendenti avevano rassegnato le dimissioni e dovevano essere sostituiti.

La Corte di Cassazione, confermando quanto stabilito dai Giudici di legittimità, ha rilevato preliminarmente che, nell’assolvimento dell’obbligo di repechage, la condotta datoriale deve essere improntata a buona fede e correttezza; pertanto, le posizioni da considerare disponibili cui adibire il lavoratore sono, non solo quelle libere al momento del licenziamento, ma anche quelle che si libereranno a breve distanza dalla data del recesso. Per la sentenza, ciò significa che devono essere prese in considerazione anche le posizioni occupate da lavoratori che svolgono la prestazione a copertura del periodo di preavviso a seguito di dimissioni.

Su tali presupposti, la Suprema Corte ha confermato il decisum dichiarando l’illegittimità del recesso per mancato assolvimento dell’obbligo di repechage, disponendo per la reintegra nel posto di lavoro e condannando la società al risarcimento del danno.

LE SENTENZE DIVENUTE IRREVOCABILI POSSONO ESSERE ACQUISITE AI FINI DELLA PROVA DI FATTO IN ESSE ACCERTATO 

CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. 3^ PENALE – SENTENZA N. 20673 DEL 16 MAGGIO 2023

La Corte di Cassazione – sez. 3^ penale – sentenza n°20673 del 16 maggio 2023 – ha statuito, in relazione al reato ex art. 2, Dlgs. n.74/2000, che le sentenze divenute irrevocabili nell’ambito del giudizio penale possono essere acquisite ai fini della prova di fatto in esse contenuto.

Nel caso in specie, la Corte di appello di Ancona aveva confermato – a carico di un soggetto contribuente – la condanna inflitta dal Tribunale di Pesaro con la pena di un anno di reclusione per il reato ex art. 2, Dlgs. n.74/2000 perché, in qualità di legale rappresentate di una società a r.l., al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, aveva indicato, in una delle dichiarazioni annuali relative a queste imposte, elementi passivi fittizi avvalendosi di una fattura emessa da una ditta per operazioni oggettivamente inesistenti.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato che ha ricostruito l’intera vicenda e l’appello con i motivi aggiunti, fondati in particolare sull'assoluzione dell'emittente la fattura con sentenza passata in giudicato e rappresentando, altresì, di aver definito le controversie con l'Erario.

Orbene, la Suprema Corte ha accolto il ricorso ritenendo che la Corte di appello di Ancona non aveva correttamente applicato l’art. 238-bis c.p.p. come interpretato dalla giurisprudenza che testualmente recita: “Fermo quanto previsto dall'articolo 236, le sentenze divenute irrevocabili possono essere acquisite ai fini della prova di fatto in esse accertato…”.

In particolare, gli Ermellini hanno evidenziato che il Tribunale di Ravenna aveva effettivamente assolto l'emittente della fattura, ovvero la stessa fattura contestata al ricorrente quale utilizzatore, con la formula perché il fatto non sussiste, ritenendo, in base agli elementi di prova acquisiti, l'esistenza delle operazioni imponibili sia in termini oggettivi che soggettivi.

Sul punto, hanno continuato gli Ermellini, le risultanze di un precedente giudicato penale impongono al giudice che giunga a diverse conclusioni, di giustificare specificamente la conciliabilità del diverso esito, restando comunque esclusa la possibilità di contraddire la verificazione di un medesimo fatto storico.

Tale principio è teso a salvaguardare il principio di non contraddittorietà del sistema, volto a prevenire il contrasto fra giudicati ed evitare anche di giungere ad accertamenti contrastanti in relazione ai medesimi fatti storici.

È NULLO IL TRASFERIMENTO DEL RAMO D’AZIENDA SE LA STRUTTURA PRODUTTIVA È CREATA AD HOC

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA N. 13655/2023 DEL 18 MAGGIO 2023

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 13655 depositata il 18 maggio 2023, ha sancito che il datore di lavoro non può trasferire il dipendente riammesso in servizio in seguito alla nullità del trasferimento del ramo di azienda, a meno che non sussistano le ragioni previste dall’articolo 2103 c.c..

Nel caso in trattazione un lavoratore agiva per vedere riconosciuta la legittimità del trasferimento disposto dal datore dopo la sua riammissione in servizio a seguito della nullità del trasferimento del ramo d’azienda presso cui prestava la sua opera. La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accoglieva il ricorso e dichiarava l’inefficacia del trasferimento ad altra sede, condannando la società a riassegnarlo a mansioni equivalenti presso la sede di lavoro originaria.

Avverso tale decisione la società datrice proponeva ricorso in Cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione degli articoli 1304 e 1372 c.c., nonché violazione degli articoli 2112 e 2103 c.c., contestando l’accertamento sulla nullità del contratto di cessione del ramo di azienda ed evidenziando l’impossibilità di ottemperare all’ordine di reintegra tenuto conto del tempo trascorso e della mutata organizzazione aziendale. La Corte Suprema, in continuità con precedenti pronunce, riteneva che, ai sensi dell’art. 2112 c.c., per “ramo d’Azienda” deve intendersi “ogni entità economica organizzata che, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità, presupponendo ciò una preesistente entità produttiva funzionalmente autonoma e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento o come tale unicamente identificata dalle parti del negozio traslativo”. In riferimento all’art. 2103, inoltre, la Corte rilevava che l’ottemperanza del datore all’ordine di riammissione in servizio implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente il cui reinserimento al lavoro deve dunque avvenire nel luogo e nelle mansioni originarie, a meno che il datore non intenda disporre il trasferimento del lavoratore ad un’altra diversa unità produttiva, sempre che detto trasferimento sia giustificato da ragioni tecniche, organizzative e produttive.

Avendo la Corte accertato la mancata dimostrazione da parte del datore dell’esistenza di ragioni tecniche, organizzative e produttive tali da giustificare il trasferimento, respingeva il ricorso con condanna alla rifusione delle spese.

Ad maiora

Il Presidente
Fabio Triunfo

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata.

Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!!

 

A cura della Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Giusi Acampora, Francesco Capaccio, Pietro di Nono, Gennaro Salzano, Fabio Triunfo, Luigi Carbonelli, Rosario D’Aponte e Michela Sequino.

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Modificato: 1 Agosto 2023