5 Giugno 2023

nell’ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli…….

Oggi parliamo di………….

RICONOSCIUTO IL CREDITO MATURATO IN UNA ANNUALITÀ PER LA QUALE LA DICHIARAZIONE RISULTI OMESSA

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA N. 13902 DEL 19 MAGGIO 2023

La Corte di Cassazione – ordinanza n°13902 del 19 maggio 2023 – ha confermato in tema di riporto del credito Irpef tra annualità non consecutive, il riconoscimento del credito qualora il contribuente ne dimostri l’esistenza.

Nel caso in specie, un contribuente aveva impugnato la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato, con la quale veniva disconosciuto e recuperato a tassazione un credito d'imposta per IRPEF e per Addizionale Regionale, opposto in compensazione nella dichiarazione dei redditi Mod. Unico. In particolare, il contribuente aveva esposto un credito non derivante dalla precedente dichiarazione (non presentata) bensì derivante dal Mod. Unico di annualità precedente, annualità liquidata dall’AdE ex art. 36 bis con evidenza del relativo credito.

Soccombente nel merito in entrambi i gradi del processo tributario, il contribuente ha adito la Suprema Corte.

Orbene, la Suprema Corte ha accolto il ricorso evidenziando l’errore commesso dalla CTR Lombardia che aveva erroneamente interpretato l’art. 36 bis del DPR n.600/1973, a mente del quale "i dati contabili risultanti dalla liquidazione prevista nel presente articolo si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente e dal sostituto d'imposta".

In effetti, hanno continuato gli Ermellini, l'Ufficio, con riferimento al credito in oggetto, non ne contestava l'esistenza, ma eccepiva unicamente la possibilità di procedere alla compensazione, in quanto non era stato indicato nelle dichiarazioni degli anni precedenti, potendo, a suo avviso, il contribuente richiedere soltanto il rimborso.

Gli Ermellini, dopo aver riepilogato i principi generali in materia di emendabilità della dichiarazione, hanno confermato,  che nell'ipotesi in cui l'Amministrazione finanziaria recuperi un credito esposto nella dichiarazione oggetto di liquidazione, maturato in una annualità per la quale la dichiarazione risulti omessa, il contribuente può dimostrare, mediante la produzione di idonea documentazione, l'effettiva esistenza del credito non dichiarato, e, in tale modo, viene posto nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato (salvo sanzioni ed interessi) qualora avesse presentato correttamente la dichiarazione, atteso che, da un lato, il suo diritto nasce dalla legge e non dalla dichiarazione e, da un altro, in sede contenziosa, ci si può' sempre opporre alla maggiore pretesa tributaria del Fisco, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull'obbligazione tributaria.

PARTICOLARE TENUITA' DEL FATTO SE IL DATORE ELIMINA LE CRITICITA' RAVVISATE DAGLI ISPETTORI

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 18029 DEL 2 MAGGIO 2023

La Corte di Cassazione, sentenza n° 18029 del 2 maggio 2023, afferma che, a seguito della riforma del processo penale, è possibile applicare retroattivamente la causa di non punibilità per tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., qualora l’imputato, dopo il reato, ponga in essere condotte riparatorie.

La vicenda ha riguardato la condanna da parte del Tribunale di un imprenditore che, all’esito di una ispezione, era stato ritenuto responsabile di aver violato il TU sulla sicurezza sul lavoro, poiché i dipendenti venivano costretti a consumare i pasti in un ambiente insalubre.

Avverso la predetta pronuncia, l’imputato, deducendo di aver eliminato le irregolarità rilevate dagli ispettori, aveva proposto ricorso in Cassazione per chiedere l’applicazione della particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis del codice penale.

Gli Ermellini, nel ribaltare la pronuncia di merito, hanno rilevato che, ai fini della valutazione della particolare tenuità del fatto, non si può prescindere dal considerare, preliminarmente, il danno od il pericolo verificatosi a causa della condotta. Tuttavia, continua la sentenza, a seguito della riforma Cartabia, al giudice è riconosciuta la discrezionalità di valutare un’ampia gamma di condotte successive al reato: restituzioni, risarcimento del danno, adesione a programmi di giustizia riparativa, ecc.

Secondo i Giudici di legittimità, dette condotte, pur non potendo da sole rendere di particolare tenuità un’offesa che non era tale al momento della commissione del fatto, vanno valorizzate in relazione alla previsione di cui all’art. 131-bis del codice penale.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso dell’imprenditore, a fronte del comportamento riparatorio tenuto successivamente alla contestazione del reato.

LEGITTIMO IL RIFIUTO DI ADEGUARSI AGLI ORDINI IMPARTITI DAL DATORE DI LAVORO SE CONFORME AI PRINCIPI DI CORRETTEZZA E BUONA FEDE

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA N. 18 APRILE 2023

La Corte di Cassazione, ordinanza n. 10227 del 18 aprile 2023, statuisce che il rifiuto del dipendente di dare esecuzione all’ordine del datore di lavoro rappresenta una condotta legittima solo se la condotta tenuta sia conforme ai principi di correttezza e buona fede.

Nel caso de quo, due dipendenti impugnavano giudizialmente la sanzione disciplinare della sospensione irrogata dal datore di lavoro, per essersi rifiutati, aderendo alla protesta indetta dal sindacato, di adeguarsi all’ordine di servizio con il quale veniva richiesta l’anticipazione dell’inizio della prestazione lavorativa.

I Giudici del merito rigettavano la domanda, ritenendo dimostrata la violazione dei doveri di cui all'art. 2104 c.c. sotto il profilo della diligenza dovuta in relazione alla natura pubblica del servizio erogato dal datore di lavoro. Avverso la sentenza, i dipendenti hanno proposto ricorso per Cassazione.

La Suprema Corte, confermando il decisum dei Giudici di merito, afferma, secondo l’orientamento giurisprudenziale costante, che nei contratti a prestazioni corrispettive, qualora una parte adduca, a giustificazione della propria inadempienza, l’inadempienza altrui, il giudice deve procedere alla valutazione comparativa dei comportamenti, considerando non la sequenza cronologica degli eventi, ma il rapporto di causalità e proporzionalità esistente tra le due prestazioni inadempiute, rispetto alla funzione economico sociale del contratto, secondo gli obblighi di correttezza e buona fede previsti dagli artt. 1175 e 1375 c.c., nonché ai sensi dell’art. 1460 c.c., affinché l’eccezione di inadempimento sia conforme a buona fede e non pretestuosamente strumentale all’intento di sottrarsi alle proprie obbligazioni contrattuali.

L’AZIENDA NON PUÒ IMPORRE AI DIPENDENTI IL RILEVAMENTO DELL’IMPRONTA PER ACCEDERE AL LUOGO DI LAVORO

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANAZA N. 13873 DEL 19 MAGGIO 2023

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13873 del 19 maggio 2023, ha dichiarato illegittimo il sistema di rilevazione biometrica, tramite impronta della mano, dell’accesso dei lavoratori da parte del datore di lavoro: in assenza di specifico consenso, tale trattamento dati non è conforme alla legge.

Nella fattispecie in trattazione, infatti, un lavoratore proponeva domanda per la dichiarazione di illegittimità del sistema di rilevazione biometrica da parte dell'azienda, per il controllo dell'accesso dei dipendenti ai luoghi di lavoro. La Corte di Appello, dopo aver descritto il sistema in questione, basato sulla cattura delle informazioni geometriche della mano di ogni dipendente, richiamando una serie di provvedimenti adottati dal Garante per la protezione dei dati personali, ed, in particolare, il pronunciamento n.4 del 10/01/2023, confermava l’illegittimità del sistema stesso utilizzato in assenza dello specifico consenso dei lavoratori interessati.

Avverso questa pronuncia l’azienda datrice proponeva ricorso in Cassazione invocando anche le esigenze di tutela che avevano indotto ad adottare lo strumento biometrico, con particolare riferimento alla presenza di dipendenti condannati in stato di semilibertà, dei quali doveva certificare l'effettiva presenza al lavoro, e alla necessità di tutelare preventivamente gli altri dipendenti da possibili atti intimidatori o di minaccia. La Corte, ricordando che la giurisprudenza era già intervenuta sul tema del controllo biometrico dei lavoratori (Cass. civ. sez. II n. 25686/2018), ribadiva la necessità del consenso dei lavoratori e richiamava anche il provvedimento del Garante Privacy intervenuto proprio su tale vicenda dichiarando la non conformità alla legge del trattamento dei dati biometrici in questione.

LE ASSENZE PER INFORTUNIO SONO COMPUTABILI NEL PERIODO DI COMPORTO SE NON C’È RESPONSABILITÀ DATORIALE PER IL DANNO SUBITO DAL LAVORATORE

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA N. 11136 DEL 27 APRILE 2023

La Corte di Cassazione, ordinanza n. 11136 del 27 aprile 2023, ha statuito che le assenze per infortunio sul lavoro devono essere computate nel periodo di comporto contrattualmente previsto, se non sussiste responsabilità del datore di lavoro per violazione delle cautele antiinfortunistiche.

Nel caso de quo, la lavoratrice impugnava il licenziamento intimatole dal datore di lavoro per superamento del periodo di comporto, ritenendo che dal periodo di comporto dovessero essere escluse le assenze conseguenti ad infortunio sul lavoro occorso per lo scoppio di una vetrina termica di proprietà del committente, nell’ambito del servizio di ristorazione in appalto.

La Corte d’Appello, riformando la sentenza dei Giudici di prime cure, respingeva la domanda della lavoratrice. Infatti, secondo il Giudice del reclamo nel periodo di comporto dovevano essere computati i giorni di assenza per malattia conseguenti all’infortunio, essendo emersa l’imprevedibilità dell’evento, alla luce del grado di diligenza esigibile in base alle norme tecniche e precauzionali del tempo. Avverso la sentenza, la lavoratrice proponeva ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte, confermando il decisum dei Giudici di merito, afferma, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, che le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sono riconducibili alla nozione di infortunio contenuta nell’art. 2110 c.c., e sono, pertanto, computabili nel periodo di conservazione del posto di lavoro determinato dalla legge, dalle norme collettive, dall’uso o dall’equità.

Non risulta, infatti, sufficiente che l’assenza per malattia sia connessa con la prestazione lavorativa, perché possa essere esclusa dal periodo di comporto, risultando anche necessaria la sussistenza della responsabilità del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c.

Responsabilità che non rappresenta una fattispecie oggettiva, in quanto la stessa deve essere collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento, e quindi non ravvisabile quando il datore di lavoro riesca a provare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno alla salute del dipendente.

Ad maiora

Il Presidente
Fabio Triunfo
 

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata.

Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!!

A cura della Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Giusi Acampora, Francesco Capaccio, Pietro di Nono, Gennaro Salzano, Fabio Triunfo, Luigi Carbonelli, Rosario D’Aponte e Michela Sequino.

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Modificato: 1 Agosto 2023