12 Giugno 2023

Gentili Colleghe e Cari Colleghi,
nell’ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli…….

Oggi parliamo di………….

LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO PER ASSENZA INGIUSTIFICATA DEL LAVORATORE IN CARCERE CHE OMETTA DI COMUNICARE AL DATORE DI LAVORO LA SUA ASSENZA

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 13383 DEL 16 MAGGIO 2023

La Corte di Cassazione – sentenza n°13383 del 16 maggio 2023 – ha confermato in tema di giustificazione delle assenze dal lavoro che, sebbene la detenzione in carcere possa rappresentare un motivo astrattamente idoneo a giustificare l'assenza, il lavoratore deve in ogni caso provvedere ad una formale comunicazione. 

Nel caso in specie, la Corte territoriale di Lecce aveva ritenuto infondati i motivi di doglianza espressi da un lavoratore dipendente di una Asl che – assente dal servizio perché ristretto in carcere per reati non commessi nell'esercizio delle sue funzioni – era stato licenziato per assenza ingiustificata dal servizio.

Dello stesso avviso la Corte di merito che aveva ribadito la legittimità del recesso motivato dall'assenza protratta per un tempo superiore a tre giorni, tempo ritenuto dal c.c.n.l. idoneo a risolvere il rapporto; l’assenza, invero, non era stata accompagnata da alcuna giustificazione per oltre due mesi.

Per la cassazione della sentenza, il lavoratore ha adito la Suprema Corte evidenziando che il datore di lavoro fosse a conoscenza dello stato di detenzione per averlo appreso informalmente dal proprio coniuge.

Orbene, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso evidenziando le caratteristiche che deve possedere la comunicazione del lavoratore circa l'assenza dal servizio (tempestiva, efficace ed esaustiva, nel senso di indicare i motivi dell'assenza e la sua durata presumibile) per essere funzionale, in modo da consentire al datore di approntare la sostituzione e comunque di riorganizzare il servizio in mancanza del lavoratore assente.

Tanto premesso, hanno concluso gli Ermellini, nella sentenza impugnata era stato altresì sottolineato che il direttore amministrativo avesse appreso informalmente dalla moglie del lavoratore la circostanza che lo stesso era stato tratto in arresto, ma la circostanza, non poteva assumere rilievo, perché l'informazione era incompleta ed inidonea a consentire al datore le valutazioni di competenza, difettando la ragione dell'arresto, la natura (cautelare o definitiva) e la durata (breve o lunga).

NON ESISTE UN OBBLIGO AUTOMATICO NELLA CONCESSIONE DI FERIE O ASPETTATIVA

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 13482 DEL 17 MAGGIO 2023

La Corte di Cassazione, sentenza n° 13482 del 17 maggio 2023, ha affermato che, anche laddove il CCNL preveda il diritto del lavoratore a fruire di ferie o aspettativa in presenza di determinate circostanze, è necessario che la relativa richiesta venga approvata dal datore, non essendo ravvisabile un obbligo di concessione automatica delle stesse.

La decisione trae origine dall’impugnazione giudiziale del licenziamento per giustificato motivo soggettivo irrogato alla lavoratrice per assenza ingiustificata protrattasi per 24 giorni.
A fondamento della predetta domanda, la medesima deduceva la sussistenza di un obbligo del datore di lavoro di concedere le ferie o l'aspettativa non retribuita in considerazione delle sue esigenze di salute (essendo affetta da sindrome depressiva maggiore con chiusura relazionale). La Corte d’Appello rigettava il ricorso, ritenendo legittimo il recesso.

La Cassazione, confermando quanto stabilito dai Giudici di merito, ha rilevato che laddove, come nel caso di specie, il CCNL preveda la possibilità di fruizione di ferie o aspettativa in presenza di determinate circostanze, è necessario, oltre alla domanda del lavoratore, anche il provvedimento di concessione del datore. Per la sentenza, una tale impostazione è compatibile con il principio di libertà di iniziativa economica sancito dall’art. 41 della Costituzione.

Secondo i Giudici di legittimità, detta norma, attribuendo all'imprenditore il potere direttivo e gerarchico in ordine alla organizzazione dell'azienda, conferisce allo stesso un potere di controllo sulla valutazione delle relative istanze (perché magari le ferie non sono state maturate o per carenza dei presupposti in ordine alla concessione dell'aspettativa).

Pertanto, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso della dipendente e confermato la legittimità del licenziamento irrogatole, non essendo ravvisabile un obbligo automatico nella concessione delle ferie.

AI FINI DEL LICENZIAMENTO RISULTA IRRILEVANTE IL FATTO CHE SIANO TRASCORSI PARECCHI ANNI DALL’EPISODIO OGGETTO DEL PROCEDIMENTO PENALE

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA N. 14114/2023 DEL 23 MAGGIO 2023

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 14114, depositata il 23 maggio 2023, ha stabilito la legittimità del licenziamento del dipendente a fronte di una sua condanna definitiva risalente nel tempo e relativa a un episodio di violenza sessuale verificatosi quasi quindici anni addietro.

Nel caso in esame un lavoratore impugnava il licenziamento comminatogli a seguito di condanna penale, avvenuta molto tempo prima, per violenza sessuale perpetrata ai danni di una minore all’interno di una discoteca.

Sia i Giudici di primo grado che quelli d’Appello ritenevano illegittimo il licenziamento disponendo la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro atteso che ritenevano “insussistente il fatto contestato al lavoratore”. In particolare, i Giudici d’Appello sostenevano che la condotta contestata al lavoratore, tenuto conto del tempo trascorso da quel fatto che comunque era rimasto isolato e che il comportamento addebitato si era realizzato al di fuori dell’attività lavorativa, non avesse rilievo nello svolgimento di mansioni a contatto con la clientela e, pertanto, il fatto, non avendo rilievo disciplinare, doveva essere ritenuto inesistente.

Inevitabile il ricorso in Cassazione che censura severamente il ragionamento seguito dai giudici di primo e secondo grado. Secondo gli Ermellini, infatti, il comportamento per il quale il lavoratore era stato condannato penalmente, sebbene risalente nel tempo, rivestiva “un carattere di gravità che non può essere suscettibile di attenuazione solo per effetto del tempo trascorso, dato del tutto neutro. Né tale condotta può esser considerata meno grave, secondo il diffuso comune sentire, sol perché si è svolta in un luogo deputato al divertimento: una violenza sessuale ai danni di una minorenne, in qualsiasi contesto sia commessa, è, secondo uno standard socialmente condiviso, una condotta che, per quanto di per sé estranea al rapporto di lavoro, è idonea a ledere il vincolo fiduciario con l’azienda, e ciò a prescindere dal contesto in cui la violenza è stata commessa e dal tempo trascorso dal fatto, a maggior ragione ove l’attività lavorativa svolta ponga il lavoratore a diretto contatto col pubblico”. I Giudici ritenevano, inoltre, che nel valutare la distanza temporale tra il fatto e l’incidenza sul vincolo fiduciario i giudici di merito avrebbero dovuto tenere conto del momento in cui la società era venuta a conoscenza del fatto, atteso che tale elemento rilevava non soltanto ai fini di una valutazione della tempestività della reazione datoriale ma anche nella verifica della persistenza del rapporto fiduciario che deve sorreggere la relazione tra datore di lavoro e lavoratore.

La Corte Suprema ribadiva che il licenziamento senza preavviso trova applicazione nel caso di condanna passata in giudicato per condotta commessa non in connessione con lo svolgimento del rapporto di lavoro, qualora i fatti costituenti reato possano comunque assumere rilievo ai fini della lesione del rapporto fiduciario ed è pertanto necessario “valutare la gravità del fatto costituente reato per come accertato e valutato in sede penale, e con efficacia di giudicato, senza che a tal fine rilevino altri elementi di contorno esterni, quale ad esempio il tempo trascorso e l’unicità dell’episodio” contestato al lavoratore.

LA MODIFICA UNILATERALE DELL’ORARIO DI LAVORO DEL DIPENDENTE REINTEGRATO RAPPRESENTA INADEMPIMENTO ALL’ORDINE DI REINTEGRA

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 15767 DEL 5 GIUGNO 2023

La Corte di Cassazione, sentenza n. 15767 del 5 giugno 2023, afferma che la modifica unilaterale dell’orario di lavoro del dipendente licenziato e reintegrato nel posto di lavoro rappresenta un inadempimento all’ordine di reintegra.

Nel caso de quo il datore di lavoro licenziava il lavoratore per pretesa impossibilità sopravvenuta, a seguito di visita del medico competente e valutazione di idoneità alle mansioni assegnate. Il dipendente aveva impugnato detto licenziamento, ottenendo dal Tribunale la reintegrazione. Il datore di lavoro provvedeva con ordine di servizio alla reintegrazione nel posto di lavoro, ma con orario ridotto da full time a part time, a cui il lavoratore rifiutava di conformarsi, vedendosi notificare di conseguenza un successivo licenziamento per assenza ingiustificata, impugnato giudizialmente dal dipendente.

La Corte d’Appello accoglieva il ricorso del lavoratore, conformandosi al principio giurisprudenziale secondo il quale al momento della reintegrazione, il datore di lavoro non può unilateralmente disporre la trasformazione del rapporto di lavoro, poiché è necessario il consenso del lavoratore manifestato con accordo scritto.

Avverso la sentenza, il datore di lavoro ricorreva in Cassazione. La Suprema Corte afferma, confermando la sentenza dei Giudici di merito, che l’ottemperanza del datore di lavoro all’ordine giudiziale di riammissione in servizio implica il ripristino della posizione lavorativa nella sua forma originaria, sia con riferimento al luogo ed alla mansione, che con riferimento all’orario. Infatti, la modifica unilaterale dell’orario di lavoro deve risultare da accordo scritto tra le parti ex artt. 5 e 8 del D.lgs. n. 81/2015, un comportamento contrario a tali disposizioni rappresenta un inadempimento all’ordine di reintegra cui il lavoratore potrà opporre eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.

Ad maiora

Il Presidente
Fabio Triunfo


(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata.

Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!!

 

A cura della Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Giusi Acampora, Francesco Capaccio, Pietro di Nono, Gennaro Salzano, Fabio Triunfo, Luigi Carbonelli, Rosario D’Aponte e Michela Sequino

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Modificato: 1 Agosto 2023