13 Giugno 2022

Gentili Colleghe e Cari Colleghi,

nell’ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli…….

Oggi parliamo di………….

 

IL RAPPORTO DI LAVORO AD ELEVATO CONTENUTO INTELLETTUALE PUÒ ESSERE RICONDOTTO NELLA CATEGORIA DEL LAVORO SUBORDINATO, SE SUSSISTE COORDINAMENTO FUNZIONALE CON IL DATORE DI LAVORO

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA N. 12919 DEL 22 APRILE 2022

La Corte di Cassazione, ordinanza n. 12919 del 22 aprile 2022, statuisce che le prestazioni lavorative caratterizzate da un elevato contenuto intellettuale possono ricondursi a rapporti di natura subordinata, se sussiste coordinamento funzionale con il datore di lavoro.

Nel caso in esame, un lavoratore adiva il Tribunale per chiedere l’accertamento dell’esistenza di un rapporto di lavoro di natura subordinata con la società convenuta. Sia i Giudici di prime cure, che la Corte d’Appello, accoglievano la domanda del lavoratore, accertando l’esistenza del vincolo di subordinazione per lo svolgimento di mansioni riconducibili alla categoria quadri. In particolare, infatti, in sede di giudizio era stato rilevato che il ricorrente era pienamente inserito nell'organico aziendale, non come mero agente, ma come direttore vendite. La società, soccombente, ricorreva quindi in Cassazione.

La Suprema Corte afferma che in merito alla qualificazione della natura del rapporto di lavoro, in presenza di prestazioni lavorative ad elevato contenuto intellettuale, l’orientamento costante della giurisprudenza è stato quello della necessaria verifica dell’assoggettamento del lavoratore, seppure in forma lieve, alle direttive, agli ordini ed ai controlli del datore di lavoro, nonché al coordinamento della sua attività lavorativa in funzione dell’assetto organizzativo aziendale. Quando non sia sufficiente il mero accertamento di tali caratteristiche, potrà ricorrersi in via sussidiaria, ad altri elementi qualificanti come: l'inserimento all’interno nell'organizzazione aziendale, il vincolo di orario, l'inerenza al ciclo produttivo, l'intensità della prestazione, e la retribuzione fissa a tempo, senza alcun rischio legato al risultato. Con particolare riferimento al lavoro dirigenziale sarà importante, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro, valutare, quale requisito caratterizzante della prestazione, l'esistenza di una situazione di coordinamento funzionale della stessa con gli obiettivi dell'organizzazione aziendale. Tale circostanza è infatti indice di subordinazione tecnico – giuridica, anche se si tratta della cosiddetta subordinazione attenuata aziendale. Nel caso in oggetto, la Corte d’Appello correttamente aveva tenuto conto del pieno inserimento nella compagine organizzativa della società, nonché dell'affidamento al lavoratore dell'ulteriore compito di area manager, implicante un rapporto di sovraordinazione rispetto agli altri dipendenti, circostanze che rappresentano elementi idonei, secondo l'art. 2094 c.c. a giustificare la presenza della subordinazione tra lavoratore e società.

Per i motivi esposti, la Corte di Cassazione, rigetta il ricorso della società, confermando il decisum dei giudici di merito.

 

ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL DIPENDENTE PER CESSAZIONE DELL’APPALTO SE NON SONO STATI VALUTATI ANCHE GLI ALTRI CRITERI DI SCELTA

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA N. 13352 DEL 28 APRILE 2022

La Corte di Cassazione, ordinanza n. 13352 del 28 aprile 2022, statuisce che non è legittimo il licenziamento operato per cessazione di appalto se il datore di lavoro non ha considerato tutti i criteri legali, ai fini della valutazione della platea di dipendenti da licenziare.

Nel caso in oggetto, una dipendente adiva il Tribunale per impugnare il licenziamento intimato dal datore di lavoro a seguito di cessazione di appalto.

Sia in primo grado, che presso la Corte d’Appello, la domanda veniva rigettata ed il licenziamento dichiarato legittimo, in quanto la società datrice aveva correttamente evidenziato le ragioni della limitazione della platea dei licenziandi ai soli lavoratori addetti all’appalto nella lettera di avvio della procedura. Aveva, inoltre, effettuato un tentativo di ricollocazione della dipendente in altro Comune, rifiutato dalla stessa.

La lavoratrice ricorreva in Cassazione, lamentando l’erronea valutazione del Giudice di merito con riferimento alla corretta gestione della procedura di licenziamento collettivo, laddove il datore di lavoro, in seguito al mancato accordo sindacale, aveva comunque applicato come unico criterio di selezione l’assegnazione ad uno specifico appalto, non tenendo in considerazione gli altri criteri legali di scelta.

La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, afferma che la decisione dei Giudici di merito non è conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui la platea dei lavoratori interessati da licenziamenti collettivi può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore solo in relazione ai casi di ristrutturazione aziendale.  La scelta dei lavoratori destinatari dell’atto di recesso deve sempre avvenire nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza, previsti dagli artt. 1175 e 1375 c.c., non potendosi il datore di lavoro limitare alle sole ragioni tecnico – produttive, se i dipendenti hanno competenze e professionalità equivalenti per poter occupare anche altre posizioni lavorative in azienda.

 

L’IMPRENDITORE CHE UTILIZZA FATTURE FALSE RISPONDE SOLO DI FRODE FISCALE E NON CONCORRE NEL REATO DI EMISSIONE DI DOCUMENTI FITTIZI.

CORTE DI CASSAZIONE – IV SEZIONE PENALE – SENTENZA N.16800 DEL 2 MAGGIO 2022

La Corte di Cassazione, con la sentenza n.16800 del 2 maggio 2022, ha statuito che l'imprenditore utilizzatore di fatture false risponde esclusivamente di frode fiscale senza concorrere nel reato di emissione di documenti fittizi, anche se può concorrere come istigatore ai sensi dell'art. 110 del Codice Penale.

Nel caso di specie, i Giudici di piazza Cavour, hanno accolto il ricorso di Stefano Ricucci, noto imprenditore romano indagato nell'ambito di una maxi frode fiscale, la cui condanna è stata annullata con rinvio ai Giudici Territoriali di Firenze che dovranno rivalutare il caso alla luce delle nuove prove rinvenute.

Sul piano strettamente giuridico, gli Ermellini hanno evidenziato come non vi può essere un concorso fra i due reati, precisando che in tema di reati tributari, la disposizione prevista dall'art. 9 del Dlgs. 10 marzo 2000, n. 74, al fine di evitare che la medesima condotta sostanziale sia punita due volte, esclude la configurabilità del concorso di chi emette la fattura per operazioni inesistenti nel reato di chi se ne avvale e viceversa, ma non impedisce il concorso nell'emissione della fattura, secondo le regole ordinarie dell'art. 110 C.P., di soggetti diversi dall'utilizzatore.

In nuce, per la S.C., “il potenziale utilizzatore di documenti o fatture emesse per operazioni inesistenti può concorrere, ove ne sussistono i presupposti, con l'emittente, secondo l'ordinaria disciplina dettata dall'art. 110 C.P. (id: istigazione), non essendo applicabile in tal caso il regime derogatorio previsto dall'art. 9 del d.lgs. 74/2000”,  ribadendo che in tema di emissione di fatture per operazioni inesistenti, prevista dal medesimo decreto, il regime previsto dal suddetto articolo 9, che esclude la possibilità di concorso reciproco fra il reato previsto dall'art. 2 (id: dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) e quello previsto dall'art. 8, ha la finalità di evitare che la medesima condotta sostanziale sia punita due volte, ma non introduce alcuna deroga ai principi generali in tema di concorso di persone nel reato, fissati dall'art. 110 C.P.

 

IL DATORE DI LAVORO È LIBERO DI RECEDERE IN QUALSIASI MOMENTO DA UN CONTRATTO COLLETTIVO AZIENDALE DI DURATA A TEMPO INDETERMINATO

CASSAZIONE – SENTENZA N. 14961 DEL 11 MAGGIO 2022

La Corte di Cassazione, sentenza n° 14691 del 11 maggio 2022, ha rilevato che è legittimo il recesso unilaterale del datore dal contratto aziendale e la conseguente mancata corresponsione degli emolumenti retributivi aggiuntivi dallo stesso previsti a favore dei lavoratori.

L’occasione della pronuncia si origina dal preteso pagamento di emolumenti retributivi aggiuntivi, relativi al primo trimestre 2013, previsti dall’accordo collettivo aziendale dal quale però la società datrice di lavoro aveva già dichiarato di voler recedere a gennaio dello stesso anno.

La Corte distrettuale, con la premessa che nella contrattazione aziendale è il singolo datore a stipulare un accordo con le organizzazioni sindacali -a differenza della contrattazione collettiva nazionale o territoriale- aveva dichiarato non solo la sua libertà di recedere in qualsiasi momento, così come accade per qualunque altro negozio di durata a tempo indeterminato, ma aveva anche aggiunto che non era stato violato il principio di giusta retribuzione (ex. art. 36 Cost.) poiché questa comprende solo la retribuzione base e l’indennità di contingenza e non anche gli emolumenti aggiuntivi.

I Giudici di piazza Cavour, in conferma di giudizio, hanno ribadito che, in caso di assenza di termine, non è mai ammissibile la pretesa di un vincolo perpetuo all’accordo, tenuto conto anche della funzione sociale propria della contrattazione collettiva, volta a rispondere ad un bilanciamento di interessi che mutano insieme alla realtà socio-economica nella quale si incontrano.

Si aggiunge, infine, che non è ravvisabile un pregiudizio per i diritti dei lavoratori derivanti dalla pregressa disciplina più favorevole: sono infatti intangibili solo se già entrati nel patrimonio del lavoratore quale corrispettivo di una prestazione già resa e non anche quando “vengano in rilievo mere aspettative sorte alla stregua della precedente più favorevole regolamentazione”.

 

SCISSIONE DEGLI EFFETTI DELLA NOTIFICA DI ATTI IMPOSITIVI

CORTE DI CASSAZIONE –ORDINANZA 16229 del 19/05/2022

Come noto, in ogni ramo del Diritto assumono particolare rilevanza i termini entro cui far valere un proprio diritto. Ed in Diritto Tributario, in cui lo Stato esercita la propria potestà impositiva, questo aspetto dell’esercizio dei diritti assume particolare rilevanza.

Il decorso del tempo può infatti far venire meno la possibilità di esercitare tale potestà, e di un particolare aspetto di questa possibilità si è occupata la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 16229 del 19.05.2022.

Il tema de contendere è la ricezione di un atto impositivo da parte di un contribuente, che si era visto accogliere un ricorso avverso un avviso di accertamento e irrogazione di sanzioni in materia di tasse automobilistiche da parte della Regione Molise. Tale provvedimento era stato notificato al contribuente oltre il termine di tre anni a partire dall’anno in cui il tributo avrebbe dovuto essere pagato, e la Commissione Tributaria aveva, considerando tale termine come di prescrizione, deciso per l’intempestività della notifica e quindi la mancata debenza del tributo.

Incontestata, nel corso del giudizio, era la circostanza per la quale l’Ente impositore aveva invece provveduto alla spedizione, mediante affidamento all’ufficio Postale, di tale atto.

La Corte di Cassazione analizza la questione e richiama i principi di diritto già precedentemente espressi, dando rilevanza al particolare principio di scissione degli effetti, per il quale “per il rispetto del termine di decadenza cui è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella quale l'ente ha posto in essere gli elementi necessari ai fini della notifica dell'atto e non quella, eventualmente successiva, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente”.

La Corte mette in relazione il tributo in esame (Tassa automobilistica), con gli altri tributi “propri”, essendo esso derivato dalla potestà impositiva statale, e solo “affidato” alle Regioni.

Infatti in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie così dispone l’art.20 d.lvo 472/97: “Decadenza e prescrizione. 1. L'atto di contestazione di cui all'articolo 16, ovvero l'atto di irrogazione, devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui e' avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l'accertamento dei singoli tributi. Entro gli stessi termini devono essere resi esecutivi i ruoli nei quali sono iscritte le sanzioni irrogate ai sensi dell'articolo 17, comma 3. (…). 3. Il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni. L'impugnazione del provvedimento di irrogazione interrompe la prescrizione, che non corre fino alla definizione del procedimento.”

Decide quindi per la conferma del principio di scissione degli effetti, confermando che ai fini della regolare notifica di un atto, per quanto riguarda l’Ente Impositore assume rilevanza il momento in cui assume parte attiva e procede alla postalizzazione dell’atto, mentre per il contribuente ha valenza il momento di ricezione dell’atto per far decorrere i termini per un’eventuale proposizione di ricorso.

Statuisce infatti che “ai fini del tempestivo esercizio del potere impositivo, assume rilevanza “la data nella quale l’ente ha posto in essere gli adempimenti necessari ai fini della notifica dell’atto, e non quello, eventualmente successivo, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente” (Cass. Sez. Un. n. 40543/2012 cit.) con la ulteriore conseguenza che il credito tributario divenuto definitivo per omessa impugnazione nei termini da parte del contribuente o per passaggio in giudicato della sentenza che lo abbia confermato, resta soggetto al regime della prescrizione (Cass. n. 32048/2021; Cass.SSUU n. 23397/16 cit.).

Ad maiora

IL PRESIDENTE
EDMONDO DURACCIO

 

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata.
     Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!!

 

A cura della Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Edmondo Duraccio, Giusi Acampora, Francesco Capaccio, Pietro di Nono, Fabio Triunfo, Luigi Carbonelli, Rosario D’Aponte e Michela Sequino.

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Modificato: 13 Giugno 2022