11 Settembre 2023

Gentili Colleghe e Cari Colleghi,
nell’ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli…….

Oggi parliamo di………….

LAVORO DOMENICALE: QUALI MAGGIORAZIONI SPETTANO ED IN QUALE CIRCOSTANZA

Corte Di Cassazione – Ordinanza N. 19449/2023 del 10 Luglio 2023

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 19449 del 10 luglio 2023, ha affermato che, laddove la fruizione del riposo avvenga oltre il settimo giorno, al lavoratore, ferma la necessità di assicurare il riposo compensativo, sarà dovuta la maggiorazione del compenso prevista dalle parti collettive.

Nel caso in commento un lavoratore agiva per ottenere il pagamento della maggiorazione prevista dall'articolo 24 del CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro) del 14 settembre 2000 per il personale del comparto enti locali, nonché il risarcimento del danno, in relazione all'attività di vigile urbano svolta in giorni festivi.

La Corte d'Appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda, ritenendo che l'articolo 22 del CCNL, che compensa interamente sia la prestazione domenicale che il mancato godimento del riposo nel settimo giorno, sia sufficiente a coprire il disagio derivante dall'articolazione dell'orario di lavoro. La Corte, inoltre, affermava che non fosse stato provato il danno da usura psico-fisica.

Avverso questa sentenza il dipendente presentava ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d'Appello avesse interpretato erroneamente il contratto collettivo e non avesse considerato il fatto che non aveva ottenuto i riposi compensativi. La Suprema Corte affermava che i motivi del ricorso erano infondati alla luce della giurisprudenza consolidata; in particolare, la Corte ribadiva che l'articolo 22 del CCNL compensa adeguatamente il disagio dovuto all'articolazione dell'orario di lavoro, a condizione che il limite massimo settimanale venga rispettato. Pertanto, l'articolo 24 del CCNL, che riguarda l'attività prestata in giorni festivi, si applica solo quando vi sia un'eccedenza rispetto all'orario complessivo settimanale dovuto al lavoratore. In questo caso, la Corte d'Appello aveva ritenuto che i dipendenti avessero rispettato i turni programmati e non avessero svolto un lavoro eccedente. Gli Ermellini, inoltre, ribadivano che il danno da usura psico-fisica è risarcibile solo quando la prestazione nel settimo giorno avvenga in violazione delle disposizioni contrattuali e normative che regolamentano il riposo settimanale: la mera violazione dell'intervallo temporale tra i riposi settimanali non è sufficiente a generare tale danno.

Pertanto, la Corte di Cassazione respingeva il ricorso del lavoratore e lo condannava a pagare le spese del procedimento.

 

NELLE IPOTESI DI DONAZIONE INDIRETTA DI IMMOBILI IL CONTRIBUENTE NON E’ TENUTO AD INDICARE NELL’ATTO DI COMPRAVENDITA CHE LA DONAZIONE DA PARTE DI TERZI PER LA PROVVISTA NECESSARIA ALL’ACQUISTO SIA STATA VINCOLATA ALLO SPECIFICO NEGOZIO

Corte Di Cassazione – Ordinanza N.17424 del 16 Giugno 2023

La Corte di Cassazione – ordinanza n°17424 del 61 Io giugno 2023 – in tema di esenzione dall’imposta di registro – ha confermato che restano soggette ad imposta di donazione tutte le liberalità indirette che emergono da atti soggetti a registrazione aventi ad oggetto beni o diritti diversi da immobili o aziende.

Nel caso in specie, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza con cui la CTR della Lombardia aveva respinto l'appello erariale avverso la sentenza della CTP di Milano in accoglimento del ricorso proposto da un contribuente  avverso avviso di liquidazione per omesso versamento dell'imposta di registro in relazione a donazione di denaro; in particolare il contribuente aveva fornito prova che la donazione de qua era collegata ad un successivo atto di compravendita di immobile,  ancorché non  era stata fatta specifica menzione nell’atto notarile.

Orbene, la Suprema Corte ha respinto il ricorso evidenziando che il D.Lgs. n°346/1990, art. 1, comma 1, prevede che "l'imposta sulle successioni e donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte ed ai trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi", ed al comma 4 bis, che, "ferma restando l'applicazione dell'imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l'imposta non si applica nei casi di donazioni o di liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l'atto sia prevista l'applicazione dell'imposta di registro, in misura proporzionale, o dell'imposta sul valore aggiunto".

Invero, hanno continuato gli Ermellini, rispetto ad una precedente impostazione secondo cui si riteneva che la prova del collegamento tra liberalità e acquisto immobiliare potesse essere fornita solo tramite una espressa dichiarazione contenuta nell’atto di compravendita, successivamente si è sposata la tesi secondo cui il comma 4 bis già citato, opera direttamente senza rendere necessario l'intervento "attivo" del contribuente in quanto è già il legislatore che esclude, appunto, la rilevanza impositiva della fattispecie a prescindere dalle scelte operate dal contribuente.

Da ultimo, hanno concluso gli Ermellini, il collegamento “funzionale” tra liberalità e compravendita immobiliare, può  essere desunto anche sulla base di elementi oggettivi, quali, ad esempio, un bonifico bancario effettuato all'acquirente da un suo familiare in prossimità del rogito notarile, oppure l'utilizzo di assegni riferibili a conti correnti di familiari dell'acquirente, essendo stato, in particolare, affermato che, stante il silenzio della norma, la prova del collegamento in parola possa essere data adducendosi un qualsivoglia elemento che corrobori la funzionalità dell'atto liberale all'acquisto dell'immobile.

 

I REQUISITI OGGETTIVI E SOGGETTIVI DEL CONTRATTO DI LAVORO INTERMITTENTE NON SONO NECESSARIAMENTE CONCORRENTI

Corte Di Cassazione – Sentenza N. 22086 del 24 Luglio 2023

La Corte di Cassazione, sentenza n° 22086 del 24 luglio 2023, ha ribadito che le due condizioni legittimanti la stipulazione di un contratto di lavoro intermittente, vale a dire la discontinuità della prestazione da una parte e l’età del lavoratore dall’altra, sono disgiunte e non necessariamente concorrenti.

La controversia in esame ha riguardato un contratto di lavoro intermittente dichiarato illegittimo dalla Corte d’Appello di Milano poichè, sebbene avesse ad oggetto un’attività di natura discontinua (requisito oggettivo), interessava un lavoratore non ricompreso nella fascia di età riconosciuta dal Legislatore ex art. 13 del D.Lgs. 81/2015 (meno di 25 e più di 55 anni).

La Corte di Cassazione, ribaltando la pronuncia di merito, ha rilevato che, ai fini della legittimità del contratto di lavoro intermittente, le due condizioni richieste dalla norma, quella oggettiva circa la discontinuità dell’attività oggetto dell’accordo e quella soggettiva inerente all’età del dipendente, sono tra loro alternative.

Per i Giudici di legittimità, depone in tal senso la stessa formulazione della norma (art. 13 D.Lgs. 81/2015) che al primo ed al secondo comma prevede due condizioni differenti e non collegate tra loro. Difatti, se al primo comma il Legislatore ritaglia il perimetro di applicazione dell’istituto ai soli casi previsti da CCNL o da Decreto ministeriale, senza alcun cenno al dato anagrafico, al secondo comma dispone invece che, indipendentemente dai casi specifici di cui al comma 1, si possa in ogni caso stipulare un contratto di lavoro intermittente qualora il lavoratore abbia meno di 25 o più di 55 anni.

Secondo la sentenza, dunque, i due requisiti non sono necessariamente concorrenti e possono legittimare la sottoscrizione di un contratto di lavoro intermittente anche singolarmente e in maniera disgiunta.

 

IL PRINCIPIO DI IRRIDUCIBILITÀ DELLA RETRIBUZIONE NON SI ESTENDE A QUELLE COMPONENTI CHE SIANO EROGATE PER COMPENSARE PARTICOLARI MODALITÀ DELLA PRESTAZIONE LAVORATIVA

Corte Di Cassazione – Ordinanza N. 23205/2023 del 31 Luglio 2023

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 23205 del 31 luglio 2023, ha sancito che il principio di irriducibilità della retribuzione non si estende a quelle componenti che siano erogate per compensare particolari modalità della prestazione lavorativa.

Nel caso di specie, infatti, un lavoratore a cui erano state assegnate mansioni non equivalenti a quelle in precedenza svolte, di "Sostituto della Sicurezza" del VII livello quadro c.c.n.l. metalmeccanici, agiva per il riconoscimento del danno patrimoniale per effetto di demansionamento, in termini di lesione della professionalità e perdita di chance, chiedendo la liquidazione in misura pari ad una mensilità per ogni mese di dequalificazione ovvero in un altro importo da definirsi oltre al pagamento di una somma di € 84.000,00 in relazione ad una serie di fringe benefits revocatigli in corso di rapporto.

La Corte di Appello, in parziale accoglimento del ricorso, riteneva che non potesse trovare accoglimento la domanda di condanna al risarcimento del danno patrimoniale – connesso al mancato riconoscimento dell'auto aziendale e degli altri benefit ad esso connessi – poiché non era stata offerta la prova dell'inadempimento datoriale. Il principio di irriducibilità della retribuzione, infatti, implica che il compenso del lavoratore non possa essere ridotto al di sotto di un certo livello stabilito per legge o contrattualmente, tuttavia per i giudici territoriali i benefit in questione non erano compresi nella nozione di retribuzione compensativa della prestazione e perciò irriducibile.

La Cassazione confermando la sentenza d’Appello, rigettava il ricorso affermando che il principio di irriducibilità della retribuzione si applica solo alle componenti della retribuzione che sono correlate alle qualità professionali intrinseche del lavoratore e alla sua qualifica. Ciò significa che le parti della retribuzione che compensano particolari modalità di svolgimento del lavoro o condizioni specifiche possono essere modificate o revocate dal datore di lavoro senza violare il principio di irriducibilità previsto dall'art. 2103 c.c. Gli Ermellini affermavano che i trattamenti di miglior favore, ovvero benefici o compensi aggiuntivi che non sono richiesti dalla legge o dal contratto, possono essere eliminati dal datore di lavoro senza violare il principio di irriducibilità della retribuzione, ciò a condizione che non violino altre leggi o disposizioni costituzionali.

 

PER LA CASSAZIONE IL GIUDICE DEVE SEMPRE VALUTARE L'ATTENDIBILITÀ DELLA CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO

Corte di Cassazione – Sentenza n. 20532 del 17 luglio 2023

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20532/2023, della Cassazione ha statuito che il Giudice è tenuto a valutare l’intrinseca attendibilità del parere del Consulente Tecnico di Ufficio nel processo. Si ricorda che il CTU è un esperto nominato dal giudice per fornire un parere tecnico su questioni specifiche inerenti al caso in esame.

Il caso di specie è relativo alla domanda risarcitoria proposta nei confronti di un CTU per pretesa responsabilità professionale di quest'ultimo nello svolgimento di attività di ausiliare del giudice svolta in altro giudizio di danni da sinistro stradale. L'attore aveva imputato, in particolare, al convenuto CTU di aver erroneamente escluso il nesso di causalità tra il trauma subito nell'incidente ed alcune lesioni, riconoscendo così un danno inferiore rispetto a quello effettivamente riportato.

Con la sentenza de qua, gli Ermellini hanno illustrato che il Giudice non può limitarsi ad accettare acriticamente il parere del CTU, ma deve svolgere una valutazione critica basata sui principi della logica e della scienza, in pratica deve esaminare attentamente le argomentazioni e le conclusioni espresse dal CTU, verificandone la coerenza interna e confrontandole con altre prove o testimonianze presenti nel processo. In altre parole, il parere del CTU non può essere considerato come un fatto indiscutibile o incontrovertibile, ma deve essere valutato dal giudice in modo critico, in relazione al contesto processuale e alle altre evidenze presenti nel caso. Questa valutazione può comportare la richiesta di un’ulteriore integrazione del parere del CTU o il rifiuto di accoglierlo se il giudice ritiene che non sia sufficientemente convincente o coerente.

In nuce, per la S.C., l’adesione, effettiva e raggiunta all’esito di un riesame critico del tutto idoneo alla consapevole appropriazione dei passaggi giustificativi delle proprie conclusioni, della Corte territoriale a quelle del consulente tecnico d’ufficio elide il nesso rispetto ad eventuali errori commessi dall’ausiliario nel compimento delle indagini affidategli.

Ad maiora

Il Presidente
Fabio Triunfo

 

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata.

Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!!

A cura della Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Giusi Acampora, Francesco Capaccio, Pietro di Nono, Gennaro Salzano, Fabio Triunfo, Luigi Carbonelli, Rosario D’Aponte e Michela Sequino.

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Modificato: 25 Settembre 2023