4 Novembre 2019

Gentili Colleghe e Cari Colleghi,

nell’ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli…….

Oggi parliamo di………….

LA COMPILAZIONE DEI QUADRI VX O RX DELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI, NEL CAMPO RISERVATO AL CREDITO DI CUI SI CHIEDE IL RIMBORSO, È LEGITTIMAMENTE CONSIDERATA COME MANIFESTAZIONE DI VOLONTÀ DI OTTENERE IL RIMBORSO IVA

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 26371 DEL 17 OTTOBRE 2019.

La Corte di Cassazione, sentenza n° 26371 del 17 ottobre 2019, ha statuito che in tema di rimborsi IVA, la compilazione dei quadri VX o RX della dichiarazione dei redditi equivale a manifestazione di volontà atta ad ottenere il rimborso IVA, anche se non presentato il modello specifico VR.

Nel caso in specie, una società presentava richiesta di rimborso per un credito IVA, mediante la compilazione dei previsti quadri VX O RX della dichiarazione dei redditi. L’Agenzia delle Entrate negava il rimborso sull’assunto che la società non aveva compilato e trasmesso il modello VR.

La società provvedeva ad impugnare immediatamente il diniego dinanzi alla giustizia tributaria risultando però soccombente in entrambi i gradi di giudizio di merito. In particolare i Giudici d’appello rilevavano anche l’intervenuta decadenza biennale ai fini del rimborso, proprio in seguito al mancato invio del modello VR.

Da qui il ricorso per Cassazione da parte della società.

Orbene, i Giudici di Piazza Cavour, con la sentenza de qua, uniformandosi a consolidata giurisprudenza di legittimità esistente in materia, hanno accolto il ricorso della società ricordando che “in tema di IVA, l'esposizione di un credito d'imposta nella dichiarazione dei redditi fa sì che non occorra, da parte del contribuente, al fine di ottenere il rimborso, alcun altro adempimento, dovendo solo attendere che l'Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte ovvero, ricorrendone i presupposti, attraverso lo strumento della rettifica della dichiarazione. Ne consegue che il relativo credito del contribuente è soggetto all'ordinaria prescrizione decennale, mentre non è applicabile il termine biennale di decadenza previsto dall'art. 21, comma 2, del D.lgs. 546/92, in quanto l'istanza di rimborso non integra il fatto costitutivo del diritto ma solo il presupposto di esigibilità del credito (cfr. Cass. n. 20678/2014; Cass. n. 7706/2013; Cass. n. 19115/2016; Cass. n. 7223/2016; Cass. nn. 4857 e 9941 del 2015).

Pertanto, hanno concluso gli Ermellini, occorre riconoscere che la compilazione dei quadri VX o RX nella dichiarazione annuale dei redditi equivale ad un'esaustiva manifestazione di una volontà diretta all'ottenimento del rimborso, ancorché non accompagnata dalla presentazione dell'ulteriore "modello VR", per cui si può ribadire il seguente principio di diritto: "in tema di rimborsi dell'Iva, la compilazione dei quadri VX o RX del modello di dichiarazione, nel campo attinente al credito di cui si chiede il rimborso, è legittimamente considerata alla stregua di manifestazione di volontà di ottenere il rimborso; tale manifestazione di volontà identifica, invero, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-bis, la domanda di rimborso fatta nella dichiarazione, e, ancorché non accompagnata dalla presentazione del mod. VR ai fini della determinazione dell'importo richiesto a rimborso nella dichiarazione Iva, e sottrae la fattispecie al termine biennale di decadenza sancito, in via residuale, dall’art.21 del D.Lgs. n. 546/92".

 

IL DATORE DI LAVORO È RESPONSABILE DELL'INFORTUNIO IN ITINERE OCCORSO AL DIPENDENTE, ANCHE SE QUESTI È AUTORIZZATO AD UTILIZZARE UN VEICOLO PERSONALE PER SVOLGERE IL SERVIZIO.

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 25689 DELL’11 OTTOBRE 2019.

La Corte di Cassazione, sentenza n° 25689 dell’11 ottobre 2019, ha statuito che non è esclusa la responsabilità datoriale in caso di infortunio occorso al dipendente che, per l’espletamento delle proprie mansioni, utilizza –previa autorizzazione – un mezzo di trasporto personale.

Il caso esaminato riguardava un dipendente che, per disposizioni aziendali, era tenuto ad effettuare la consegna di un carico notevole di posta in un unico giro, senza che gli venissero offerti degli strumenti idonei al fissaggio del carico di trasporto sul proprio ciclomotore onde garantirne la stabilità.

Nel corso di uno dei turni di lavoro, l'uomo aveva subito un infortunio, riportando un trauma contusivo -distorsivo e varie fratture scomposte.

Il dipendente chiedeva dunque i danni all'azienda, la quale si difendeva osservando che il postino lavorava con un mezzo proprio.

Tale prospettazione, accolta in Corte di Appello, veniva impugnata innanzi alla Corte di Cassazione.

Gli Ermellini, invece, hanno escluso che l'autorizzazione all'uso del mezzo proprio potesse esonerare, in ipotesi di infortunio lavorativo, il datore di lavoro da ogni responsabilità connessa all'uso del mezzo stesso. 

L'obbligo di sicurezza che fa capo alla parte datoriale implica, infatti, la necessità per questa di farsi carico della valutazione del rischio connesso a specifiche modalità di esecuzione della prestazione pretesa in relazione all'utilizzazione del veicolo di proprietà al quale il dipendente è stato autorizzato.

 

L’AUMENTO DEL PREMIO ASSICURATIVO DELL’ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO E’ LEGITTIMO SE LA MALATTIA PROFESSIONALE E’ PRESUNTA MA RIENTRANTE NELLE TABELLE INAIL.

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 23517 DEL 20 SETTEMBRE 2019.

La Corte di Cassazione, sentenza n° 23517 del 20 settembre 2019, ha statuito, in tema di premio assicurativo INAIL, che l’aumento del tasso è legittimo anche in assenza della prova della connessione fra l’amianto e la malattia del lavoratore.

Nel caso in esame, la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale che aveva ritenuto legittimo l’aumento del tasso di premio richiesto dall’INAIL per il periodo 2009/2010 alla società in R. & M.G. in relazione alla malattia professionale, mesotelioma pleurico, contratta dal lavoratore in favore del quale l’Ente aveva costituito una rendita dal 2008 commutata dopo la morte del lavoratore avvenuta nel 2009, in rendita ai superstiti.

Avverso detta sentenza ricorreva per la cassazione della stessa la società.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso condividendo l'operato dei Giudici di merito. La Corte territoriale, hanno argomentato gli Ermellini, ha fatto applicazione del principio secondo cui, ai fini della decisione non era richiamabile la disciplina di cui all'art. 2087 c.c. e la necessità di individuare il nesso causale, che era estraneo alla materia del premio assicurativo per rischio da esposizione all'amianto. La Corte ha rilevato che la malattia professionale in esame rientrava nelle tabelle Inail sicché sussisteva una presunzione di nesso causalità per espressa previsione normativa tra malattia e attività lavorativa.

Orbene, a parere degli Ermellini, spetta all’imprenditore provare l’inesistenza delle condizioni di rischio, dato l’inserimento della malattia nelle tabelle dell’Istituto precisando che, nel caso di specie non vi sono elementi per ritenere che il riconoscimento della rendita effettuato dall’Inail non sia rispondente ai principi sanciti dalla normativa o che sia avvenuto al di fuori della disciplina applicabile.

 

IL DELITTO PRESUPPOSTO ESISTE ANCHE SE LA SENTENZA CHE LO STATUISCE NON E’ PASSATA IN GIUDICATO.

CORTE DI CASSAZIONE – SEZIONE PENALE – SENTENZA N. 42052 DEL 14 OTTOBRE 2019

La Corte di Cassazione – Sezione Penale -, sentenza n° 42052 del 14 ottobre 2019, ha statuito che il riciclaggio e l'autoriciclaggio scattano anche senza la condanna definitiva per il reato presupposto, però è necessario che l'illecito a monte non sia stato definitivamente archiviato.

I Giudici di Piazza Cavour, con una complessa motivazione, accogliendo in toto il ricorso presentato dalla procura di Arezzo, hanno annullato il dissequestro dei beni di tre imprenditori sospettati di riciclaggio e autoriciclaggio.

Nello specifico, per gli Ermellini, non è necessario che la sussistenza del delitto presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo, e che il Giudice procedente per il riciclaggio ne abbia incidentalmente ritenuto la sussistenza,  ex adverso, venendo meno uno dei presupposti del delitto di riciclaggio, l'imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste.

In nuce, per la S.C., l'affermazione della responsabilità per il delitto di ricettazione, di riciclaggio e di autoriciclaggio non richiede l'accertamento giudiziale della commissione del delitto presupposto, né dei suoi autori, né dell'esatta tipologia del reato, potendo il Giudice affermare l'esistenza attraverso prove logiche, e in ogni caso, “nel giudizio di legittimità possono essere prodotti esclusivamente i documenti che l'interessato non sia stato in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio, sempre che essi non costituiscano 'prova nuova' e non comportino un'attività di apprezzamento circa la loro validità formale e la loro efficacia nel contesto delle prove già raccolte e valutate dai Giudici del Merito”.

 

AMMESSA LA RICONGIUNZIONE ONERROSA FRA CASSE DI PREVIDENZA E GESTIONE SEPARATA

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 26039 DEL 15 OTTOBRE 2019.

La Corte di Cassazione, sentenza n° 26039 del 15 ottobre 2019, ha statuito che è ammessa la ricongiunzione onerosa fra la gestione separata Inps e la casse private dei professionisti.

La Corte d'Appello di Ancona confermava la decisione resa dal Tribunale di Pesaro ed accoglieva la domanda proposta da un professionista nei confronti dell'INPS, avente ad oggetto il riconoscimento alla ricongiunzione dei contributi versati alla Gestione Separata con i contribuiti versati alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza in favore dei Dottori Commercialisti. Il convincimento della Corte territoriale si fondava sulla formulazione letterale del comma 2 dell'art. 1, L. n. 45/1990 che espressamente riconosce la facoltà di ricongiungere i contributi A.G.O. nella gestione in cui l'interessato risulta iscritto in qualità di libero professionista e ciò senza limitazioni ed indipendentemente dalla omogeneità o meno delle contribuzioni versate nelle rispettive gestioni, quella di provenienza e quella di destinazione.

Orbene, nel caso de quo, gli Ermellini, in linea con il ragionamento logico giuridico dei Giudici di merito, nel ricordare la pronunzia della Corte Costituzionale n° 61 del 5 marzo 1999, (con la quale venivano dichiarati costituzionalmente illegittimi, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 38 Cost., gli artt. 1 e 2 I. n. 45/1990), hanno (ri)confermato la possibilità di ricorrere ad una disciplina gratuita di ricostruzione delle carriere contributive, facendo salva sempre e comunque la possibilità di ricorrere alla ricongiunzione dietro il pagamento di un onere da parte dell’assicurato.

Ad maiora

IL PRESIDENTE
EDMONDO DURACCIO

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata.

Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!!

Ha redatto questo numero la Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Francesco Capaccio, Giuseppe Cappiello, Pietro Di Nono, Attilio Pellecchia e Fabio Triunfo.

   Hanno collaborato alla redazione i Colleghi Natalia Andreozzi, Francesco Pierro e Michela Sequino.

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Modificato: 4 Novembre 2019